La Lombardia è stato oggetto costante di discussione negli ultimi mesi. Ma oggi voglio che l’attenzione verta sulla beltà e non sull’emergenza pandemica in corso.
Partendo da questo presupposto, ho avuto il piacere di intervistare, per la sezione Point of view, Cristina Fiorini, artiere della bellezza con la carta.
Conosciuta grazie ad una piattaforma comunitaria di donne online che lavorano nel Digital Marketing è nato subito l’interesse per conoscere meglio il “suo mondo di carta”.
Il fascino del profumo della carta e la scoperta della figura del paper designer è il viaggio che intraprenderemo con questa piacevole e appassionante conversazione.
Entriamo in un mondo per noi totalmente nuovo, quello della carta. Chi è e cosa fa un “paper designer”?
Progettazione, sperimentazione, creatività e unicità applicate al mondo della carta sono gli ingredienti base del lavoro di un paper designer.
La fase progettuale, in particolare, riveste un ruolo fondamentale e richiede molto tempo tra elaborazione dell’idea, disegno del bozzetto, scelta dei materiali, selezione delle gamme cromatiche… In questa fase lascio molto spazio alle richieste specifiche delle mie clienti, che considero parte integrante del processo creativo: non a caso, amo definire ogni creazione che realizzo un “lavoro di squadra”.
Tradurre in modo puntuale idee e aspirazioni di chi mi contatta per lavori altamente personalizzati non è semplice: occorre soprattutto una buona dose di immedesimazione per interpretare al meglio le sfumature di ciascuna richiesta…
Senza dubbio questa è la parte più delicata della mia attività, ma è anche la più stimolante. Quella che mi permette di elaborare progetti sempre nuovi, “cuciti su misura” nel vero senso della parola.
Gli ambiti di intervento di un paper designer sono davvero moltissimi: soprattutto negli ultimi anni questa professione è andata affermandosi nei campi più disparati: dall’arte all’architettura, dalla moda al food, dal mondo delle cerimonie e degli eventi all’home decor e al packaging…, distinguendosi per il ricorso a tecniche sempre nuove e sofisticate.

Quando hai capito che la strada dell’artigianalità sarebbe stata quella giusta da intraprendere?
Se, qualche anno fa, mi avessero detto che un giorno avrei svolto un’attività di questo tipo, non ci avrei creduto.
Ho infatti alle spalle un percorso formativo e lavorativo che nulla ha a che vedere con la manualità: liceo classico, laurea in Lettere, impiego pluridecennale in ambito editoriale… A ben guardare, però, il mondo dell’artigianato mi ha sempre affascinato moltissimo e fin da piccola miei compagni inseparabili erano carta, forbici, matite e pennelli: amavo infatti disegnare, dipingere, inventare e costruire giochi di carta sempre nuovi.
Fino a quell’estate 2014, in Alto Adige. Mi trovavo in un negozietto d’artigianato locale e sono rimasta folgorata dalla bellezza di un fuoriporta realizzato a mano. “Già venduto”, mi sono sentita dire alla cassa. Senza pensarci due volte, ho deciso di farmene uno da me. La svolta inaspettata arriva quando un’amica vede il fuoriporta e me ne ordina uno per lei e una collega; qualche tempo dopo, un’artigiana mi commissiona confezioni su misura per i suoi gioielli.
Da lì in poi, il tam tam del passaparola ha fatto il resto. Parfum de papier nasce così, un po’ inaspettatamente. Fin da subito ho desiderato che le mie creazioni comunicassero, attraverso dettagli curati nei minimi particolari, l’unicità di ogni persona: da qui la scelta di puntare a progetti sempre diversi uno dall’altro, alcuni – è per esempio il caso delle scatole a sorpresa personalizzate – capaci di raccontare vere e proprie storie.
Il lavoro in ambito editoriale, che mi piaceva tantissimo, intanto proseguiva. Così, per qualche tempo, ho portato avanti le due cose in parallelo. A un certo punto, però, ho dovuto prendere una decisione. Rischiando non poco, ma optando per quello che più mi corrispondeva.

La carta elemento della nostra quotidianità: quella che impieghi per le tue creazioni è materiale di riutilizzo?
Il rispetto dell’ambiente è un valore a cui tengo moltissimo: per questo, nella selezione dei materiali, oriento il più possibile le mie scelte verso produttori di carta riciclata e biodegradabile.
Penso per esempio a Favini, che si è distinta nel tempo grazie alla sua linea di carte ecosostenibili: a base di alghe, di fibre derivanti da piante di cotone e bambù, realizzate con scarti di frutta – kiwi, uva, ciliegie, nocciole, mandorle, agrumi –, di lavanda, mais, olive, caffè, oppure contenenti residui di lavorazione di cuoio e pelletteria… Sono tutte fantastiche per consistenza, colori, texture, malleabilità, e non hanno nulla da invidiare a certi tipi di carte generalmente considerate più “nobili”.
Il tema è davvero affascinante, e meriterebbe un discorso a parte. Senza dubbio urge, oggi più che mai, una seria riflessione in materia da parte di artigiani e professionisti del settore: scelte consapevoli rappresentano, infatti, il primo passo per un contributo concreto alla salute del pianeta.

Quanto ti ha influenzato l’aver vissuto a Parigi?
L’esperienza parigina è stata fondamentale e mi ha insegnato molto, facendomi scoprire una parte di me inattesa.
Sono stata via circa un anno: prima per uno stage al Louvre, poi per la tesi di specializzazione. Ero piena di dubbi prima della partenza – era la prima volta che mi allontanavo da casa, a Parigi non conoscevo nessuno, avrei dovuto vivere sola in una stanzetta di 3 mq, lontano da amici a cui ero affezionatissima –, quindi già il fatto di avere vinto quelle remore è stata una conquista. Però quello era il mio sogno da sempre e oggi ripenso a quel periodo come a uno dei più importanti e ricchi della mia vita.
Rischiare per qualcosa che ti fa battere il cuore è indubbiamente uno degli insegnamenti più preziosi che l’esperienza parigina mi ha regalato. Averlo sperimentato è stato liberante, e mi ha permesso di affrontare con più serenità tutte le decisioni successive, compresa quella di lasciare il vecchio lavoro per un’avventura tutta nuova.

Secondo te può esserci una connessione tra moda, arte e paper design?
Assolutamente sì. Penso innanzitutto al cosiddetto paper dress design, di grande attualità, e ai numerosi stilisti che hanno inserito nelle proprie collezioni abiti di carta di incredibile bellezza.
Vere e proprie sculture, raffinate ed eleganti, realizzate perlopiù con materiali di riciclo (carta regalo, fogli di giornale, riviste, scontrini, tovaglioli, figurine, francobolli…), in una condivisa ottica di lotta agli sprechi. Mi vengono in mente, per citare qualche esempio, i nomi di Caterina Crepax, Kelly Murray, Olivia Maers, Gary Harvey, Asya Kozina (soprannominata la “fata di carta” per il sapore fiabesco delle sue creazioni)… Così com’è di grande attualità il ricorso, nell’alta moda, a tessuti lavorati, intrecciati, stropicciati o piegati come fossero fogli di carta: un tipico esempio è rappresentato dagli “abiti origami” che, non di rado, capita di vedere in passerella.
Moda, poi, è anche sinonimo di accessori, ed è forse questo il campo in cui il ricorso alla carta trova, oggi, la sua più ampia espressione: la platea di artigiani che, nelle più svariate tecniche, creano con questo materiale fermacapelli, collane, spille, bracciali, orecchini, anelli… è infatti davvero ampia. Nella maggior parte dei casi pezzi unici che rappresentano, a tutti gli effetti, opere d’arte di grande fascino e valore.

Come ti vedi nel futuro?
Questa è una domanda difficilissima… Diciamo che fatico molto a “vedermi arrivata”: la mia vita è sempre stata dinamica, in continua evoluzione, e credo sarà sempre così.
Come mi vedo nel futuro? In movimento, sicuramente, alla continua ricerca del bello in ogni cosa. E siccome lo strumento più potente che ho a disposizione è la creatività… continuerò a esprimermi e a crescere attraverso di essa.
Creare e crescere: due verbi che, non a caso, hanno in comune la stessa radice, la stessa promessa. Sicuramente vorrei continuare a fare quello che già faccio: progettare allestimenti e coordinati cerimonia in primis. Mi piacerebbe poi continuare a formarmi, iniziare a tenere corsi nel mio laboratorio, puntando anche a progetti che coinvolgano bambini e ragazzi con difficoltà, aprire un e-commerce (ma perché no, anche un negozio fisico sarebbe bellissimo!)…
La lista è lunga, mi fermo qui, ma è solo per scaramanzia!