La Toscana è da sempre la fucina dei grandi talenti sartoriali. Le più importanti accademie infatti si trovano nel suo territorio ed è lì che, a mio parere, avverrà la reale lotta contro il fast fashion.
Non entrerò nel merito delle dinamiche di questo capitolo della moda “mordi e fuggi” e delle conseguenze dell’aver invertito repentinamente il Vanity Sizing. Ma vi porterò a conoscere la realtà sartoriale di prestigio di Sara Gambarelli.
Sara Gambarelli Handmade in Italy è il perfetto crocevia da innovazione e tradizione. Il web incontra la creatività e la manualità e da luogo alla nascita di collezioni uniche poiché, siamo sincere, perché rischiare di indossare lo stesso capo che hanno altre centinaia di donne e magari forzarsi ad entrare in quelle taglie che ormai, per una mera scelta di marketing fast fashion, non ci rappresentano più?
Dare spazio ai nuovi designer per indossare esclusività.
Ma conosciamo meglio la stilista pugliese Sara Gambarelli.
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Come e quando hai capito che l’affascinante mondo della moda sarebbe stata la tua strada?
Dopo il Liceo Scientifico. Non ne potevo più di fisica, matematica e chimica 🙂 Volevo finalmente dedicarmi a qualcosa che potesse dar sfogo al mio bisogno di pasticciare con colori, forbici, tessuti, matite… Sono partita dalla Puglia con tutto il mio entusiasmo e la mia incoscienza e mi sono iscritta all’università di Firenze, dove mi sono laureata tre anni e mezzo dopo, in Moda, col massimo dei voti.
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Qual è stata la tua prima creazione?
Parlando del primo capo realizzato per il mio brand, è iniziato tutto con un soprabito dalla linea pulita, stile anni 60, senza colletto, con la manica a tre quarti, che ho confezionato con lo scampolo di un tessuto jacquard da tappezzeria beige a motivi turchesi, scovato per caso in un negozio della mia città di origine, in Puglia. Il modello si chiama Bisanzio e lo produco tuttora, ma non in quel tessuto. L’originale è custodito gelosamente nel mio armadio personale 🙂
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Cosa ti porti dentro dalla tua esperienza accademica?
Soprattutto tantissimi momenti di indimenticabile felicità: per me è stato un periodo bellissimo, in cui ho iniziato a vivere per la prima volta la mia libertà e in cui ogni giorno facevo o studiavo qualcosa che riguardava la moda. Lo ricordo come un periodo di grandissima energia emotiva, mentale e fisica.
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Hai uno stilista preferito o che in qualche modo ha influenzato il tuo modo di creare?
Attualmente le sfilate che seguo con più vivo interesse sono quelle di Delpozo e Johanna Ortiz, ma non tralascio i classici Dior, Valentino, Dolce&Gabbana. Dò tutti i giorni un’occhiata al profilo Instagram di Atlantic-Pacific, l’insta-blog di una stilosissima blogger di San Francisco che propone sempre dei look coloratissimi e ricercati.
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Il tuo pezzo forte? E dove è possibile acquistarlo?
L’abito Renée, che è diventato fin da subito il mio best seller. Lo produco ininterrottamente dal 2015, e da allora continua ad essere il capo più venduto nel mio shop www.saragambarelli.com; nel 2017 ho aggiunto una versione con maniche e quella premaman e quest’anno l’ho proposto in due nuovi tessuti di paillettes sui toni del rosa.
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Il tuo sogno nel cassetto?
Vivere al mare, con un nuovo atelier che affaccia le sue vetrine luminose sul mare.
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Tre parole che rappresentano il tuo stile.
Semplicità, colore, scintillìo.
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I colori che prediligi?
Rosa! …E oro.
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L’abito può dare allure a qualsiasi donna, soprattutto quello realizzato a mano, che dona unicità a chi lo indossa. A quale target sono indirizzati i tuoi abiti?
Il mio target è trasversale a diverse fasce d’età: ho clienti dai 28 ai 50 anni, ma anche oltre. Il mio stile piace anche alle diciottenni. Questo mi rende molto felice perché significa che trasmetto, coi miei vestiti, non l’idea di un’età, che sarebbe riduttivo, ma di un modo di essere. Le donne che si vestono da me sono donne indipendenti, che lavorano ed escono la sera, piene di impegni nella loro vita quotidiana, che si amano e si prendono cura di sé, amano i dettagli, non si accontentano del prodotto industriale e riconoscono il valore del capo artigianale cucito appositamente per loro.
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Per te social network e web quanto contano nelle dinamiche di creazione e vendita e quanto invece le relazioni “reali”?
Nella vendita moltissimo. Praticamente il 98% delle mie vendite avviene online, attraverso lo shop o dopo uno scambio di mail o messaggi su Instagram e Facebook.
Solo una piccolissima parte delle mie clienti mi conosce in 3d 🙂 Eppure, possono dire di conoscermi davvero, perché attraverso i social mi racconto e racconto il mio lavoro, non mi limito a vendere. Faccio entrare tutte nel mio laboratorio attraverso la vetrina di Instagram, proprio come farei nella realtà, ma spalancando le porte del mio laboratorio sul mondo, invece che su una strada.
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Cos’è la moda per te?
La moda è un racconto. Un racconto sociale, perché è lo specchio moda incarna l’ideale del tempo e si fa specchio di ideologie, turbamenti sotterranei e tendenze sociali. Ma è anche un racconto personale: raccontiamo moltissimo, di noi, attraverso il nostro modo di vestire, anche quando non ce ne accorgiamo, anche quando pensiamo di vestire a caso o di non seguire la moda. Vestirsi è sempre un racconto di noi stessi e – proprio come facciamo quando scegliamo le parole e il tono di voce giusti – possiamo scegliere come mostrarci al mondo.
Lo scatto in copertina è del fotografo Marco Meini.