Inclusione sociale e l’agghiacciante timore della discriminazione incondizionata del populismo.
Finalmente dopo mesi di tribolazione il governo è stato formato.
Le prime dichiarazioni dei due vicepremier e della squadra ministeriale sono state oggetto di speculazioni. Varie le considerazioni. Numerosi gli articoli già scritti.
Le piazze siciliane in queste ore hanno ospitato i neo Vice Premier. Agorà piene per i comizi elettorali di chiusura per le ormai prossime elezioni comunali e nessun timore sembra delinearsi.
Per quale ragione vi starete chiedendo bisognerebbe aver preoccupazione?
Perché non abbiamo coscienza storica, non abbiamo memoria. E soprattutto si stanno sposando dei cinici ideali secondo cui non è remota la possibilità di avere una società in cui il diverso fa paura.
Il famoso voto di protesta tradotto nella neonata coalizione giallo-verde apre a scenari non auspicabili. Sembra che si faccia un passo indietro. È solo il mio parere. Sia ben chiaro, non ho voglia di sostituirmi a chi di professione rappresenta il popolo. Nessuna tifoseria da curva sud al Cibali o all’Olimpico. Non vorrei neanche impelagarmi in discussioni che possono travalicare nella tuttologia del web. Il rischio c’è. Ma il fine giustifica i mezzi.
Di Maio sentenzia: “Da oggi lo Stato siamo noi”, Salvini ironizza: “Al governo non ci sono né Batman né Robin” e Fontana dichiara “Le famiglie arcobaleno non esistono”.
Ho inforcato gli occhiali sul naso. È tutto vero. Sospiro e mi ritrovo a ricordare.
Catania è famosa per la sua ospitalità. La città etnea che da del tu a tutti e si fa capire dai turisti russi a furia di gesti. Catania è quella città che si indispettiva quando la Lega (Nord) durante i suoi convegni inneggiava alla potenza dell’Etna. Non come sinonimo di energia del popolo catanese. Ma inneggiava alla forza distruttiva che è capace di ingoiare tutti.
Catania è famosa perché siamo amici di tutti. Ci si conosce tutti. E se hai due mamme o due papà all’asilo alla recita per la festa della mamma vengono tutti. E se la sera vai a ballare al Pegaso non è assolutamente un problema, basta che l’indomani mattina “non sei addummisciuto mentre lavori”.
Poi c’è la Catania che mi fa paura. Quella dei luoghi comuni, delle frasi fatte e della gente che comincia a diventare diffidente e offensiva. Scrivo di Catania perché è dove ho passato la maggior parte della mia vita. Ma se rivolgo lo sguardo alla città che mi ospita non è poi così differente.
Oggi a Roma vedo lo stesso osteggiamento a ciò che si era con fatica conquistato nel corso degli ultimi anni. Gli uffici della Capitale si sono rifiutati di iscrivere all’anagrafe una bambina nata in Italia da due mamme.
Cosa ci fa davvero paura?
Abbiamo paura di salvare delle vite in mare. Puntiamo il dito con estrema facilità. Ci guardiamo le spalle. Non abbiamo fiducia nel prossimo. Forse la colpa e di chi fomenta il malcontento.
È un grande calderone di pensieri. Sono riflessioni confuse che fanno enormi salti pindarici. Mentre le dita scivolano sulla tastiera penso che la diversità è potere. La differenza è ricchezza. Non solo nella vita di tutti i giorni, nella cultura, nella politica, nella moda. Il confronto deve esserci e dev’essere costruttivo. Non si possono semplicemente creare delle barriere solo perché è più comodo.
La lotta per ottenere e padroneggiare il concetto di uguaglianza per tutti, anche nella diversità, sembra oggi esser stata vana.
Sembra esser passato un secolo persino da quando ho assistito alla sfilata “Fashion is GREAT: La diversità va in passerella”. Modelle disabili in passerella a Villa Wolkonsky per promuovere un forte messaggio di inclusione sociale. L’ambasciatore britannico a Roma, Jill Morris, ha ospitato nei saloni della sua residenza l’iniziativa che ha visto le modelle, diverse perabilità, età, etnia e taglia, indossarele creazioni di Sadie Clayton. Durante la serata presenziò anche Jacqui Gavin, attivista per i diritti delle persone transessuali, con un passato nell’amministrazione pubblica e un presente alla guida della sezione per la Diversità e l’Inclusione del dipartimento per il Commercio Internazionale (Dit).
Per il governo britannico, probabilmente già pentito della Brexit, diversità e inclusione sono una priorità. Dal 2017 è in atto una strategia ad-hoc, The Civil Service Diversity and Inclusion Strategy, finalizzata a rendere il settore pubblico il datore di lavoro più inclusivo del Regno Unito entro il 2020.
Essere seduta in prima fila era normale. Prestavo attenzione alle finiture degli abiti e alle sperimentazioni materiche. Oggi mi ritrovo a sperare che ci possano essere delle iniziative come questa in Italia. Numerose iniziative. Perché la diffidenza si combatte con la consoscenza.